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con Alessandro Porcu e Gabriele Linari
oggetti di scena Stefano Pietrini
musica originale Cristiano Urbani
locandina Martoz
messa in scena Antonio Sinisi
residenza temporanea Teatro Studio Uno
produzione natacha von braun | ensemble d’espressioni
Wyke è un drammaturgo di testi noir. Sua moglie Maggie vive con il suo nuovo compagno Tindle, un attore. Wyke e Tindle s’incontrano nella residenza del primo. Più che un incontro il loro sembra uno scontro, dove le armi non sono sempre pari. Ne esce fuori un duello violentemente raffinato.
POLAR si ispira all’ultima opera di Harold Pinter (con tutti i debiti possibili!), la sceneggiatura del film de Gli Insospettabili uscito nel 2007. Lavorare su una sceneggiatura ci pone di fronte un testo pronto ad essere contraddetto, asciugato, ripulito e soprattutto neutralizzato superficialmente. Neutralizzare per rendere più nuda la scrittura in modo da ottenere una partitura più precisa, mantenendo i contenuti primitivi togliendo tutto il possibile superfluo (quel che strano, via! Direbbe Beckett) per esplorare una nuova forma. Lavorare su Pinter significa lavorare sulla contraddizione e in questo caso specifico sul concetto di vero e falso nel teatro. Dunque POLAR diviene un’esplorazione di un oggetto che ruota attorno al concetto di vero e falso. Si presenta un duello, un combattimento tra due dispositivi, quello della verità e quella della falsità. POLAR è un ring, una camera nel limen, dove non si sa mai da che parte stare.
Ci si toglie il lusso di interpretare o rappresentare qualcuno o qualcosa, per ricercare, frammento dopo frammento, la fusione tra il contenuto e la forma. Mettere insieme il vero e il falso.
La scena si compone di forme geometriche primarie e oggetti di artigianato, come fossero giochi per bambini, il tutto per riportarci all’essenza delle cose, all’essenza del pensiero. Solo cercando di tornare all’essenza c’è la possibilità di cogliere i concetti di vero e falso mescolati nello stesso spazio, ammettendo che nel teatro la contraddizione è la regola e il vero e il falso possono essere la stessa cosa.
Come può essere venerato ciò che è ignoto? O, in altre parole, come possiamo venerare ciò che ignoriamo? D’altra parte sarebbe del tutto ridicolo venerare solo quello che conosciamo. Quello che conosciamo può esser degno di un gran numero di cose, ma non certo di venerazione. In poche parole, a parte il noto e l’ignoto, cos’altro c’è?
— Harold Pinter
Gufetto
Giuseppe Donatelli
Teatro e Critica
Viviana Raciti
Nucleo Art-zine
Ludovica Avetrani